Francesco Cannia – Interiorità in superficie – SpazioBquadro – Palermo

 Francesco Cannia – Interiorità in superficie – Spazio Bquadro – Palermo
dal 10 giugno al 30 giugno 2013

Interiorità in superficie opere pittoriche di Francesco Cannia a cura di Marco Pomara dal 10 al 30 giugno 2013 Spazio ßquadro (Centro Culturale Biotos – via XII gennaio 2 – Palermo)

lunedì 10 giugno ore 19.00 presso Spazio Bquadro (via XII gennaio, 2 – Palermo) Interiorità in superficie opere pittoriche di Francesco Cannia a cura di Marco Pomara

Interverranno
l’Ambasciatore del Venezuela Julián Isaías Rodríguez Diaz e il Sindaco di Palermo Leoluca Orlando

Durante il vernissage verrà offerto dagli sponsor un cocktail tipicamente venezuelano preparato dalle sapienti mani della cocinera Maria Elena Rodriguez.

Si ringrazia il Comune di Palermo e l’Ambasciata della Repubblica Bolivariana del Venezuela.
 
Un particolare ringraziamento va a Sergio Licciardi per le realizzazioni grafiche e ad Alida Lo Monaco ed Elisabetta Tranchina per la preziosa collaborazione.

La mostra sarà visitabile sino al 30 giugno, tutti i giorni dalle ore 17.00 alle 20.00 (mattine, lunedì e festivi su appuntamento). Ingresso libero

Il progetto…
Ventitrè tele di grande formato, che diventano
il terreno su cui si erge e si mescola materia. Materia eterogenea e in colore, colore che viene fuori dalla tela e diventa tattile e tangibile.

E’ tra la materia e il colore che s’insinua la linea che idealmente e sentimentalmente riconduce l’artista alla casa materna, in Venezuela. La linea di Cannia è la traccia materna che ispira l’artista, quasi ossessionandolo, sempre presente nella sua opera al punto da immaginare paesaggi mai visti e per questo immortali.

Le sembianze materiche, "imbrigliate" in un percorso espositivo coerente e ritmato, intenso e vibrante, negano una superficie pittorica piatta, ma al contrario inducono un movimento frastagliato, nel quale il visitatore si accompagna tra cromatismi mistici e trascendenti.

Le opere di Francesco Cannia sono costruite di getto, benchè esito felice di ricercata sperimentazione ed analisi cromatica.
Cannia ricorre a materiali poveri ma anche rari, naturali ma spesso di visibile impronta industriale. Egli passa agevolmente dalla terra lavica agli ossi di seppia, dal truciolato di alluminio alla sabbia di mare, dalla pasta di quarzo a quella di cristallo, dalla pasta di bitume a quella di pomice, dalla sabbia calcarea al polistirolo, dalla sabbia di fiume alla lana d’acciaio, dal silicone all’acrilico…
Il tutto lavorato, impastato, sovrapposto, miscelato, ma sempre reso Arte.

Presentazione delle opere

Si pongono all’attenzione del pubblico degli estimatori, dopo un lungo periodo di riflessione e di lavoro, le nuove opere di Francesco Cannia. Le tele di grandi dimensioni, infatti, verranno esibite dal 10 al 30 giugno nelle stanze del Biotos, uno dei più accreditati spazi culturali della città.

In un paese in cui tutti scrivono e tutti dipingono, impudiche velleità che non tengono, come le signorine del ‘900, in cassetti e armadi gelosamente chiusi a chiave, inverecondi diari e improbabili disegni, Francesco Cannia non è preso dalla smania di mostrare a tutti i costi le sue opere.

Come nelle botteghe dei pittori medievali Francesco Cannia ama lavorare -ormai da un decennio- nel segreto dello studio dove sperimenta nuove tecniche; raccoglie, pesta, frantuma e impasta, tenta vie inusitate con attenzione pliniana agli elementi della natura, alchimia di umili sostanze, sabbie e polveri, lana d’acciaio e plastica sottratte alla cucina, come i fondi del caffè, il nero e l’osso della seppia. Nascono così sul bianco delle tele paesaggi come visti dalla luna, architetture, bassorilievi esaltati dalla luce radente. Raro l’azzurro del mare tanto amato eppure ne senti la presenza viva nelle sue tele, quasi ne avverti l’odore nelle correnti che il vento creativo disegna con la sabbia,  il soffio che aduna e sconvolge molecolari elementi nelle dune sinuose, nel segno lasciato dalla coda di  strisciante animale nel travaglio della spiaggia.

I trucioli dell’alluminio che assumono sorprendenti iridescenze fanno parte di un artistico riciclo degli elementi del microcosmo, buon gusto e sapienza, un richiamo all’ordine, un invito ad osservare e riflettere, a guardare oltre nella visione bovina della distrazione telematica falsamente universale, nel mordi e fuggi dell’esistenza moderna. Abbandonato il tono autobiografico delle prime prove, le opere si pongono all’attenzione del pubblico senza strepito o balbettio di colori, senza forzature e complicati rimandi, umili significanti che si introducono nell’immaginario come forte testimonianza del vivere.

Un rosso schiacciato da geometriche figure, una bava rappresa che fuoriesce da una invisibile fenditura; un’onda nera, di sabbia vulcanica, non inizia e non finisce, la tela ne contiene soltanto una parte, frammento di cardiaco tracciato, regolare andamento che forte resiste alle sciagure. Linee sottili, accese di giallo si librano negli spazi scuri, sferze di forze contrapposte, negano gli accessi o invitano ad una visione altra della realtà, alle piccole cose di ogni giorno, alla ricerca dell’anello che non tiene per un attimo intravisto come il guizzo dell’anguilla, il lampo di uno specchio sul muro in ombra della casa, negativi di istantanee immaginarie, grumi chiamati da diversi mari, minuscoli frammenti degli oggetti d’uso disposti in geometriche figure a disegnare i paesaggi dell’anima. 
Prof. Rosario Daidone

La personale di Francesco Cannia, curata da Marco Pomara, è un percorso espositivo che rievoca emozioni improntate sulle tele con colori e elementi naturali e artificiali.

I lavori di Cannia nascono da un travaglio interiore, prendono spunto sia da eventi di vita vissuta sia, soprattutto, dalla  realtà che ci circonda, carica di problematiche esistenziali; rappresentano, come dice il prof. Rosario Daidone "un invito ad osservare e riflettere, a guardare oltre nella visione bovina della distrazione telematica falsamente universale, nel mordi e fuggi dell’esistenza moderna".

L’analisi delle opere di Francesco Cannia non è quella del critico di professione, ma dell’osservatore attento che cerca d’interpretare i sentimenti che la visione suscita al di fuori e al di sopra di ogni contestualizzazione.

Il primo dato che emerge è la scelta dei materiali. In essa è già presente il percorso che porterà alla realizzazione dell’opera d’arte.

Gli elementi naturali e artificiali appaiono nelle opere intimamente connessi: l’equilibrio s’instaura tra natura e ragione, tra natura e costruzione, come se artificiale e naturale tendessero a contendersi lo spazio ad essi razionalmente concesso.

La linea rossa presente in alcune tele segna la contrapposizione tra i due tipi di materiale, uno scontro cosmico che ha come conseguenza la luce abbagliante, lo spirito che squarcia e supera la dicotomia.

Si tratta di paesaggi interiori che costituiscono la sintesi e quindi il superamento di ciò che contrasto era sembrato a prima vista.
Prof. Pier Luigi Aurea
 

Recensioni

Dicotomia tra naturale e artificiale
Nelle opere di Francesco Cannia sono presenti elementi naturali
e artificiali che appaiono intimamente connessi quasi a volere instaurare un equilibrio tra natura e ragione, tra natura e costruzione, come se artificiale e naturale tendessero a contendersi lo spazio ad essi razionalmente concesso; una contrapposizione che segna uno scontro cosmico che ha come conseguenza la luce abbagliante, lo spirito che squarcia e supera la dicotomia. Si tratta di paesaggi interiori che costituiscono la sintesi e quindi il superamento di ciò che contrasto era sembrato a prima vista.
Prof. Pier Luigi Aurea

Cenni biografici
Francesco Cannia nasce a Caracas (Venezuela
) nel 1962. Portato in Sicilia dal padre all’età quasi di cinque anni trascorre l’infanzia tra il conforto dei parenti, e tra una tormentata lontananza e l’assenza della madre. Dopo un percorso di studi  approda all’Università di Palermo conseguendo la laurea in architettura che lo porterà all’insegnamento e all’esercizio della professione. Poggia, anche se non esclusivamente, nella ricerca delle radici e nella nostalgia dell’infanzia perduta la nascita di quell’impeto e quella voglia dell’artista di esprimersi attraverso la pittura.

Una pittura di soli segni senza scontate allegorie che perviene a operazioni di sintesi assolute. Vibrazioni di colore che nella loro tridimensionale stesura si fanno tormentati paesaggi dell’anima, arcani mulinelli del pensiero. Le passioni e i tormenti si fanno materia che trascende le personali vicende, per universalizzarsi nei segni, nei colori e nell’alchimia degli impasti, restituendo così al sentire comune degli uomini gli intimi travagli  dell’esistere.

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