René Vinçon – Della leggerezza – Galleria XXS – Palermo

pallinoRené Vinçon – Della leggerezza – Galleria XXS – Palermo
dal 15 al 31 gennaio 2015

“Della leggerezza” è il titolo di una personale dell’artista francese René Vinçon, che la Galleria XXS di Palermo (via XX Settembre n. 13) proporrà dal 15 al 31 gennaio 2015.

Sfidando le tendenze e le mode che hanno condotto l’arte contemporanea verso l’eccesso di segni e significati, col risultato di istituire a canone un “horror pleni” paradossalmente svuotato di senso, Vinçon propone circa trenta opere – tecniche miste su carta: acquerello, matite e pastelli – che trovano nel concetto di leggerezza il loro principio. In tal senso, l’artista ritrova un limite oggi dimenticato, situandosi sulla soglia dove l’apparire contiene in sé ancora il mistero e l’evanescenza del non essere.

Segni appena accennati, fluttuanti come in una pittura orientale, cromatismi che trovano delicati equilibri al confine tra astrazione e paesaggio. Un pensiero e un segno di discrezione e delicatezza, oggi sempre più rari e per questo orgogliosamente inattuali.

La sostenibile leggerezza della pittura
di Roberto Giambrone

rene-vinconLe opere di René Vinçon, raccolte nel segno “della leggerezza”, sono una sfida alla gravità e all’omologazione dei nostri tempi. Prendendo le distanze dalle tendenze e dalle mode che hanno condotto l’arte contemporanea nel cul-de-sac di una sterile e compulsiva moltiplicazione di segni e significati, col risultato di istituire a canone un “horror pleni” paradossalmente svuotato di senso, Vinçon propone alcune tecniche miste su carta che trovano proprio nel concetto di leggerezza il loro principio. In tal modo l’artista ritrova un limite oggi dimenticato – anzi pervicacemente oltrepassato nel fast food dell’arte contemporanea – situandosi sulla soglia dove l’apparire contiene in sé ancora il mistero e l’evanescenza del non essere.

Segni appena accennati, fluttuanti come in una pittura orientale, cromatismi che trovano delicati equilibri al confine tra astrazione e paesaggio. Un pensiero e un segno di discrezione e delicatezza oggi sempre più rari e pertanto inattuali. Tuttavia Vinçon non rifugge la materia, la concretezza del segno, che anzi pone a fondamento del suo lavoro, prestando sempre attenzione agli aspetti materici dello specifico pittorico. Le sue composizioni sono il risultato di un progetto molto preciso, che nasce da un’idea e si formalizza nell’interazione tra spazio e segno, in un’architettura che tiene conto dei pieni e dei vuoti e che procede per assonanze e dissonanze. Nella loro forma compiuta, le opere appaiono come paesaggi, stilizzati in una forma non realistica, dove predominano i verdi acquerellati in una varietà di sfumature, incrociati o contornati dai reticoli grigi delle matite e intersecati qua e là da pastelli ocra o arancioni, come linee di confine appena accennate o steccati verticali che delimitano e guidano lo sguardo.

Eppure non siamo mai di fronte a una struttura rigida, a una composizione chiusa, perché l’interazione di tutti questi segni si manifesta come una forma dinamica in continua tensione, il segno rimanda sempre al gesto che lo ha tracciato, restituendo alla vista una sorta di magma cangiante. Viene in mente il principio dell’alea secondo John Cage – un maestro in quanto a leggerezza – che paragona le proprie composizioni alle nuvole, forme fluide e in divenire, apparentemente casuali e tuttavia legate a precise leggi della fisica che governa l’universo. Pitture come nuvole, dunque, paesaggi verosimili e allo stesso tempo forme astratte, che alludono piuttosto che rappresentare. Gli echi appena accennati alla tradizione paesaggistica sfumano allora nelle forme fluide della pittura orientale, evocando all’osservatore le sfuggenti onde di Hokusai e i pittogrammi della calligrafia.

In ogni caso, sia nella leggerezza del segno accuratamente tracciato, come si trattasse dell’efficace esito d’una action painting, sia nei grumi più pastosi, dove il colore si incupisce in un groviglio di linee, macchie e sfumature – in certe opere addirittura nel segno espressionista di figure spigolose e contornate dal taglio netto del collage – appare tutta la pregnanza e una vaga nostalgia di una pittura-pittura, che ha smarrito il peso della propria autorevolezza. Questo esercizio certosino sulla leggerezza assume dunque il valore rivoluzionario – e pertanto inattuale – di una ricerca sui valori basilari del segno pittorico, che oppone la flagranza del gesto alla ripetizione, l’essenziale alla ridondanza, la leggerezza alla pesantezza di un’arte sempre più conformista e inutilmente estrema.

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