La forma e lo spazio: è attorno a questa obbligata relazione che ruota l’intero ricercare artistico di Giuseppe Cuccio.
Sia chiaro che non si tratta d’un incedere all’insegna del rigido (ed anche arido) rigore formalistico; poiché il comporre e disporre la materia, secondo ben precisi andamenti volumetrici, non implica necessariamente il mero perseguimento di astratte purità di carattere geometrico o di tipo funzionale.
Beppe Cuccio non è infatti un designer – con tutto il rispetto per la categoria – che cerca un ottimale equilibrio fra morfologia, estetica e utilizzo; egli è invece uno scultore che persegue l’obiettivo di dar corpo ed evidenza plastica alle idee, facendo delle forme non dei semplici fini cui pervenire visivamente ma degli appropriati mezzi coi quali veicolare congruamente la propria “visione” del mondo con tutte le corrispettive sfumature di carattere emozionale ed affettivo.
E ciò non solo – come prevedibile – col diretto “corpo a corpo” con la materia bruta (argilla, gesso, pietra varia) al fine di conferire o liberare – michelangiolescamente – la “morfhé” ad essa intrinseca, ma anche – e soprattutto – con la premessa “cogitativa e progettuale” dello strumento grafico, ovvero di quel procedere ideativo della grafite sulla carta che consente di intuire “a priori” – svelandolo – quanto si asconde nei materiali grezzi.
Non sorprenda dunque questa selezione di opere grafiche del nostro Beppe, poiché essa rappresenta l’espressione palese di quel corretto modo di “riflettere” sulle cose (e sul loro stato) che è – ed è sempre stata – la prassi ineludibile nell’agire d’ogni artista visuale realmente dotato di vis immaginifica.
Sono gli alberi – nello specifico – i soggetti eletti ad ideale medium visivo col quale condurre attentamente un’appropriata “speculazione” linguistica ed estetica; gli alberi, con la loro elegante silhouette, in una ricerca coerente e rigorosa di moduli “formali” preposti non tanto a descrivere il dato di natura in maniera dettagliata, quanto a raccontare l’intima relazione fra l’autore e il mondo naturale.
Nessuna acribia veristica o approccio fotografico, pertanto, nella grafica di Cuccio, viceversa un lessico assai sintetico – seppur figurativo – improntato allo sfrondamento d’ogni orpello estetizzante ed all’enucleazione – da vero scultore – dell’essenza “panica” che anima i soggetti. Il gioco di chiari e scuri – particolarmente evidente nelle opere a solo carboncino – ma anche l’articolarsi delle cromie sull’intonso candore della carta – ora minimale ed euritmico, ora più caleidoscopicamente polifonico – si rivelano di fatto estremamente funzionali all’estrapolazione di quel senso di ineffabile mistero che permea nel profondo la natura, coinvolgendo così l’osservatore in brevi ed incisive narrazioni in grado di irretire e inquietare con marcata intensità.
“Variazioni sul tema” quasi aforistiche – queste carte di tema arboreo – ma dall’eloquio fortemente penetrante; immagini ricche di significato nel loro compiuto equilibrio di forma e contenuto.
Salvo Ferlito