A-mori di Domenico Pellegrino
Cavallerizza di Palazzo Sambuca – Via Alloro, 36 – Palermo
Sicilia terra di leggende, dove si fondono vita, orgoglio, amore e morte. Dove si incrociano popolazioni diverse, dove tradizioni tra loro lontane si intrecciano per formare nuove narrazioni. Sicilia terra di stranezze, tra il magico e il macabro, il religioso e il profano.
“A-mori” di Domenico Pellegrino esalta l’isola con il suo immaginario antico ed incredibilmente contemporaneo. L’istallazione trasporta lo spettatore in un universo onirico, fatto di luci, profumi e colori e lo fa attraverso un percorso sensoriale in cui rivive l’antica leggenda delle “Teste di moro”, rivelando l’origine di quei vasi a forma di testa che oggi campeggiano su tutti i balconi, dai giardini ai salotti siciliani e che lontani dall’essere semplicemente decorativi, sono un oggetto simbolo della storia locale.
Nell’istallazione di Domenico Pellegrino due sagome di luce ritracciano il volto del moro e della sua donna, smisurate si pongono davanti lo spettatore come due grandi apparizioni nel buio della sala. Le teste raccontano di un amore proibito quello tra un moro ed una fanciulla siciliana, evocano l’incontro e lo scontro di due culture, e ricordano l’amara punizione della decapitazione (anche essa tristemente attuale) dettata dalla passione amorosa nella versione della leggenda che vede la donna uccidere l’uomo per non farlo rientrare al proprio paese e dalla propria famiglia – o dettata da un presupposto onore ferito, in una seconda versione della leggenda che vede la famiglia della donna che una volta scoperta la relazione con lo straniero, uccide entrambi gli amanti.
Tematiche più che presenti nella storia della società contemporanea che toccano argomenti come l’integrazione, la comprensione interculturale, l’accoglienza.
Una volta mozzata la testa del moro (o entrambe le teste dell’uomo e della donna) questa servirà da vaso per una pianta di basilico che crescerà sempre più rigogliosa, simbolo di metamorfosi quasi citando Ovidio, simbolo di vittoria della natura sulla stoltezza umana.
Un tappeto di basilico si estende ai piedi delle due teste nell’istallazione di Domenico Pellegrino, l’odore è talmente forte da stonare lo spettatore ricordando le capacità afrodisiache della pianta che è stata per questo come il simbolo degli innamorati (Plinio il Vecchio). Il profumo della pianta dunque, come la luce emanata dalle teste dell’uomo e della donna, trasmettono un messaggio di unione e riconciliazione, che passa trasversalmente dalla leggenda, al folklore alle tradizioni popolari fino a giungere alla contemporaneità.
Alba Romano Pace